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Citomegalovirus - Citomegalovirus, HIV e AIDS



Citomegalovirus e HIV, e quindi AIDS, presentano un legame stretto che oggigiorno, fortunatamente, si è ridotto con evidenti conseguenze positive sui pazienti. Nel corso del tempo, cioè, la medicina ha fatto grandi passi avanti riuscendo a limitare i casi di sviluppo del citomegalovirus nei soggetti affetti da HIV, e migliorando quindi la qualità di vita dei pazienti.

Un tempo le cose non andavano così, e infatti, in un quadro clinico in cui figurava l'affezione da HIV, la probabilità di sviluppare il citomegalovirus era piuttosto alta, e ciò contribuiva a peggiorare lo stato di salute del paziente arrivando a favorirne la mortalità. Nel 1992, alcuni studi confermavano che circa il 50% dei pazienti con HIV divenivano affetti da citomegalovirus e da vari problemi e disturbi quali colite, esofagite, polmonite ed altri, seri, problemi alla retina e al sistema nervoso centrale.

Con il passare del tempo, grazie all'utilizzo dell'ART (AntiRetroviral Therapy - terapia antiretrovirale, ossia trattamento atto a contrastare un retrovirus quale l'HIV), vi è stato un sensibile miglioramento delle condizioni di vita degli ammalati di AIDS, in quanto la probabilità di sviluppare il citomegalovirus si era molto ridotta, con valori scesi tra il 5% e il 10% rispetto a quelli di un tempo. L'ART favorisce quindi un parziale ripristino delle difese immunitarie e un abbassamento della concentrazione del virus nel sangue della maggior parte dei pazienti affetti da CMV.

Chi può fare uso di ART, nella maggior parte dei casi non incorrerà in retiniti da CMV o altre gravi malattie degli organi, in quanto il virus sarà mantenuto in concentrazioni relativamente basse, sotto un certo livello di soglia. Il problema del legame tra HIV e citomegalovirus però rimane, con tutte le sue conseguenze, e va quindi tenuto nella giusta considerazione.

A proposito dei problemi legati allo sviluppo del CMV nei soggetti affetti da HIV, chi presenta linfociti CD4 con densità minore di 50 cellule/µL, incorre ad esempio in un forte rischio di contrarre la Corioretinite; si stima che circa il 30% dei malati di AIDS contragga questa preoccupante infiammazione della retina e della coroide.

Il CMV è infatti particolarmente pericoloso quando colpisce pazienti immunodeficienti, quali appunto quelli affetti da HIV, o quelli che sono incorsi nella fase avanzata della malattia e presentano AIDS.

Il pericolo di infezione è inoltre maggiore per chi è piuttosto in là con gli anni, ma è anche da notare che l'infezione da CMV può talvolta essere asintomatica, senza effetti visibili per il paziente; si pensi infatti che il 60% circa di individui adulti negli Stati Uniti è affetto da CMV senza saperlo. Nella maggioranza dei casi il virus rimane latente nell'organismo per tutta la vita, senza riattivarsi se non in casi eccezionali, come ad esempio in quelli dei malati di AIDS, per i quali la probabilità di incorrere in problemi di questo tipo è ben più alta.

Chi è a rischio HIV, come chi fa uso di sostanze stupefacenti e chi ha rapporti omosessuali, quindi, rischia sensibilmente di sviluppare e di risviluppare anche il citomegalovirus; con la perdita progressiva delle difese immunitarie dei pazienti affetti da AIDS, il citomegalovirus può anche riattivarsi, con tutte le conseguenze del caso.

Per combattere il CMV, ci si avvale oggi di rimedi farmacologici, ricorrendo ad esempio al Ganciclovir, al Valganciclovir, al Foscarnet e al Cidofovir.

Per sapere se un malato di AIDS ha sviluppato il citomegalovirus, si può eseguire una biopsia con esame istologico.


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